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18 giugno 2023 - III domenica dopo Pentecoste (A)
Giovanni 3,16-21

1. “Dio ha amato...”

Un verbo al passato, per indicare un'azione che è da sempre, che continua nel presente,
e il mondo ne è intriso: «immersi in un mare d'amore, non ce ne rendiamo conto» (Vannucci).
Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio, ma perché crediamo che Dio ci ama.
La fede cristiana non è un atto unilaterale, gratuito, solamente discendente, da Dio verso gli uomini.
Se così fosse neanche sarebbe fede.
Il Signore ci ricolmerebbe della sua grazia, verità, salvezza, benedizione, ci inonderebbe del suo Spirito
senza alcuna nostra partecipazione né della mente, né del cuore, né della volontà.
E' vero che Dio ci ha tanto amato da dare suo Figlio:
Dio ha considerato ogni persona, questo niente cui ha donato un cuore, più importante di se stesso.
Ha amato me quanto ha amato Gesù. E questo per sempre: io amato come Cristo.

2. Allora anch'io devo amare

Se Egli ha amato il mondo, anch'io devo amare questa terra, i suoi spazi, i suoi figli, la sua bellezza.
Per questo tutti i gesti di amore, tenerezza, amicizia, dedizione, cura premurosa di cui
gli uomini e le donne sono capaci, sono rivelazione di questo Dio che ha tanto amato il mondo.
Quanto è distante da questo stile di Dio l’atteggiamento di quanti si dicono credenti,
ma sono capaci solo di giudizio/condanna!
Invece la fede è un atto perennemente bilaterale, è un'alleanza tra noi e il nostro Dio,
è un vero patto da osservare per tutti i giorni della nostra vita,
è un impegno a due, tra noi e il nostro Dio, nella mediazione necessaria di Gesù Signore.
Se non si pensa così la fede, mai potremo dire di possederla, di viverla, di conoscerla.
Il nostro apporto è sempre necessario, indispensabile, condizione senza la quale non vi è salvezza.

3. Il pericolo della fede è sempre l'eresia

cioè la sua parzialità: Dio senza l'uomo, la grazia senza la verità,
la misericordia senza la conversione, la pace senza il Vangelo,
la carità senza la giustizia, il regno di Dio senza le opere,
il singolo senza la comunità, i sacramenti senza le buone disposizioni.
L'eresia è il vero agente distruttore della nostra fede, perché essa ci fa assumere una parte,
ignorando o negando le altre. Oggi l'eresia ci sta consumando, distrugge tutta la nostra società,
a livello religioso e umano, perché inocula nella mente un veleno pestifero e letale:
ci sta insegnando che nell'opera della salvezza tutto è solo da Dio.
Basta la sua misericordia, il suo perdono, la sua grazia.
Ci sta uccidendo anche nella nostra più semplice e pura umanità, perché sta mettendo nel cuore
di tutti che vi è una salvezza universale senza alcun merito da parte nostra,
senza alcun frutto di conversione e di ritorno nella casa del Padre, debitamente pentiti e umiliati.
Ci si dimentica che la conversione, il ritorno a Dio, la fede in Cristo Gesù,
l'accoglienza della sua Parola, sono opere richieste all'uomo.
Non ci si ricorda che la salvezza è atto bilaterale, impegno reciproco di Dio e dell'uomo.
Dio dona la sua grazia. L'uomo l'accoglie.
Dio concede il suo perdono, l'uomo lo fa suo nel pentimento, nella conversione della sua vita,
nell'abbandono del regno delle tenebre per vivere da figlio della luce.
Dio indica la via da percorrere, l'uomo si incammina su di essa e vi rimane fedele per sempre.
Dio sempre mette la sua opera. All'uomo l'obbligo di porre anche la sua, che consiste
nel credere in ogni Parola di Gesù, accoglierla nel suo cuore, consacrare ad essa l'intera sua vita.
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